Alla BCE nessuno è fesso

Scordatevi di poter uscire dall’euro senza pagare pegno

Così come il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker aveva preso per mano il giovane premier greco Tsypras, si poteva presumere che la Bce sostenesse volentieri il suo ministro delle Finanze. Varoufakis aveva promesso di voler rispettare le regole e cercava una soluzione con i partner sul debito. Il governo greco dispone ancora di risorse sufficienti fino a giugno, e chiedeva da subito alla Bce di non abbandonarlo costruendo un contratto-ponte per un paio di settimane con le sue banche. Poi le cose si sarebbero risolte. Peccato che la Bce, non possa violare i trattati, non ci pensa lontanamente, e quindi nelle attuali condizioni, senza un’intesa di Atene con l’eurogruppo, i rubinetti sono chiusi. Per cui addio liquidità Tsipras e Varoufakis sono parsi incassare il colpo e imperturbabili hanno continuato nel loro bluff, dichiarando che intendono andare avanti comunque. In questo momento i mercati di Atene sono crollati e gli investitori affogano nel panico. Siamo italiani e conosciamo bene i nostri difetti, ma la dissolutezza greca negli anni è stata pari a quella dei gran visir ottomani e a contrario dell’Italia, la Grecia è persino più arretrata industrialmente e finanziariamente. se l’ingresso nell’euro nel 2001 per noi fu problematico, per loro nel 2002 fu un azzardo, lo stesso in cui si trova coinvolto il governo di Syriza in queste ore. Alla Bce sanno bene che se anche il debito greco fosse completamente spazzato via, passare da un deficit primario del 10% del Pil a un bilancio equilibrato comporterebbe un inevitabile “giro di vite” – e quindi comunque la recessione. E’ vero che l’austerità avrebbero dovuta farla i precedenti governi di Atene, i cui eccessi hanno innalzato i consumi del paese al di sopra di un livello sostenibile; ma ora i nuovi leader non possono pensare che la Germania si riveli meno intransigente. Infatti, prima ancora che Tsipras e Varoufakis sbarcassero a Berlino, Angela Merkel aveva detto loro una sola cosa, ovvero di rinunciare alle promesse elettorali. Purtroppo, Tsipras le ha già attuate, e tutti coloro che sono stati licenziati nel sistema pubblico, su indicazione della Troika, sono stati riassunti, mentre le privatizzazioni che la Trojka aveva imposto, sono state fermate. Fatti in Grecia e buoni propositi nelle capitali europee: ecco il doppio volto di Syriza, ma alla Bce non sono fessi e ora Atene deve fare la sua scelta. Vuole andare davvero alla rottura? Ne dubitiamo perché a giugno senza sostegno, il simpatico Tsipras governerebbe un paese alla bancarotta. Vi è tempo invece per trovare un accordo, anche perché, insomma, non è interesse di nessuno affamare la Grecia. Quello che è però è già chiaro da tutta questa vicenda è l’atteggiamento del governo di Atene, che per quanto ambiguo, ha dimostrato come proprio nessuno, nemmeno Syriza, pensi di poter uscire serenamente dall’euro. Per cui se Salvini e Grillo, e con loro qualcun altro, iniziassero a ragionare sulla situazione greca un po’ più seriamente, la pianterebbero di agitare inutili fantasmi.

Roma, 5 febbraio 2015